Michel Foucault, richiamandosi ai grammatici del XVIII secolo, utilizza il concetto di tropo, figura di traslazione semantica, per situare l’esperienza di Roussel «in quello che potremmo chiamare “spazio tropologico” del vocabolario»:

Spazio che non è del tutto quello dei grammatici, o piuttosto che è questo stesso spazio, ma trattato altrimenti; non è considerato come luogo di nascita delle figure canoniche della parola, ma come uno spazio bianco sistemato nel linguaggio (…). Egli vi sente, più che le semi-libertà dell’espressione, una vacanza assoluta dell’essere che bisogna investire, padroneggiare e colmare con l’invenzione pura: è ciò che egli chiama in opposizione alla realtà, la “concezione”; egli non vuole doppiare il reale d’un altro mondo, ma negli sdoppiamenti spontanei del linguaggio, scoprire uno spazio insospettato e ricoprirlo di cose ancora mai dette.[1]

Ci preme anzitutto evidenziare l’inadattezza del termine spazio riferito alla distanza semantica tra due termini: questa è monodimensionale, designa una serie di passaggi successivi, una linea continua nel senso tropologico della storia delle parole, una linea traslucida tra due punti dello spazio nell’impiego rousseliano di tale distanza tropologica. Una sola omonimia non apre uno spazio (alla formazione del quale concorrono per definizione più dimensioni), ma un asse. Su di esso correrebbe incessantemente la fantasia narrativa, senza trovare alcun materiale d’uso, prima che un intervento esterno inneschi lo svolgimento delle possibilità che apre. Ed ecco Roussel ricercare un appiglio trasversale all’asse portante, intersecare la verticalità degli omonimi[2] con un tratto che esplori le vicinanze semantiche dei due termini: alla differenza anodina delle lettres viene in soccorso il blanc, asse tropologico parallelo al primo, scelto, tra tutti i possibili, per la compatibilità sintagmatica di entrambi i suoi estremi con gli omologhi dell’altro asse, ovvero per una relativa vicinanza semantica (di varia natura) che consente di creare una relazione contestuale tra di loro, mediante l’uso di semplici preposizioni come connettivi:

Schema semantico del primo procedimento

Ora si può parlare di un effettivo spazio nel linguaggio, aperto dal procedimento, poiché il contesto così creato offre una funzionalità narrativa che la sola istanza tropologica non concedeva. Abbiamo ora quattro termini legati ognuno da una doppia relazione, l’una (a e b) di natura paradigmatica (in questo caso, estremo, l’omonimia abolisce la distanza tra i significanti), l’altra (c1 e c2) di natura sintagmatica: una struttura minimale che permette l’apertura di uno spazio narrativo inedito, un varco che introduce Roussel nell’Eden asettico della conception. Uno spazio che non è disegnabile tra i poli ambigui di una singola figura di trasferimento semantico (come per Foucault), ma su un tracciato risultante dalla combinazione di relazioni tra individui linguistici, descrivibile come una maglia di figura reticolare. Riproducendo più volte il passaggio b-c del procedimento, il reticolo aumenta di complessità quanto basta per giungere a due frasi sufficientemente contestualizzanti da racchiudere un racconto[3].

Come già anticipato, la struttura reticolare è la forma in cui si attua la combinatoria rousseliana, che adottando procedimenti fondamentalmente microcombinatori non giunge, come negli esempi di poesis artificiosa, all’erezione di minuscoli congegni narrativi posti ai margini della concezione stessa di letteratura, né si richiama a finalità ludiche o ad un carattere di divertissement privato; ma in forza della ripetizione, dell’applicazione ricorsiva e totalizzante delle regole combinatorie sui materiali più eterogenei, perviene alla costruzione di un tessuto narrativo che mira ad occupare i luoghi stessi di attuazione della grande letteratura: i generi del romanzo e della pièces teatrale. Con Roussel la combinatoria letteraria fuoriesce dal ghetto della “bizzarria” poetica per aggredire la teoria generale della letteratura, ponendo le basi per la rivendicazione calviniana del carattere combinatorio della letteratura tout court.

Se gli oulipiani lo adotteranno come maestro della costruttività combinatoria della letteratura, bisogna però notare come i suoi procedimenti non puntino alla costituzione di strutture compositive astratte: in Roussel l’ordine astratto sfocia sempre nel visibile, poiché gli oggetti che le sue regole manipolano sono unità già semantizzate, ed anche quando (nell’ultimo procedimento) esse non corrispondono più a quelle di partenza, il loro fine è quello di rendere disponibile un arsenale immaginativo per una narrazione concreta, un’opera unica e definita, non molteplice e potenziale come nella teoria oulipiana.

Indice
Identità e differenza
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[1] Michel Foucault, Raymond Roussel, op. cit., pp. 21-22.

[2] Quando la parola impiega uno dei significati nasconde temporaneamente il secondo, ed abbiamo visto come le figure di occultamento in Roussel siano interpretabili come apertura di una linea verticale rispetto alla superficie del testo.

[3] Preciseremo una volta per tutte la natura tecnicamente combinatoria di questa struttura reticolare, in riferimento proprio agli originari termini matematici. Se, per esempio, abbiamo due insiemi X = {a; b} e Y = {1; 2}, cerchiamone le combinazioni; avremo così: a1, a2, b1, b2, in modo che ognuna delle combinazioni abbia una relazione con due delle altre: ad esempio a1 ha una relazione con a2 (condividono a) ed un’altra con B1 (condividono 1). I quattro termini sono così disponibili in una maglia di figura reticolare, come quella del procedimento rousseliano, che li associa a quattro parole diverse.